Omelia in occasione della XXVI Giornata Mondiale del malato con il rito dell’Unzione degli Infermi e Accolitato di Mario Merotta

11-02-2018

Carissimi fratelli e sorelle, cari ammalati e operatori sanitari, cari famigliari e volontari siamo riuniti tutti insieme in questa cappella della Casa del Cottolengo per celebrare solennemente la Giornata Mondiale del Malato che quest’anno ha per titolo: “Mater Ecclesiae: “Ecco tuo figlio …Ecco tua Madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé…” (Gv. 19,26-27).

Questo tema mette in evidenza l’aspetto materno della cura, il Signore Gesù dall’alto della croce dona alla sua Chiesa Maria, affinchè  diventi il modello di ogni cura come può esserlo ogni madre per i suoi figli.

Impariamo da Maria, dalla sua materna tenerezza a prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle segnati dalla malattia e dalla sofferenza.

Anche la Chiesa, che è madre, come Maria deve sapersi chinare su ogni sofferente per ridare speranza e vita a quanti vivono il tempo della malattia.

Papa Francesco nel suo messaggio per questa giornata scrive: “Questa vocazione materna della Chiesa verso le persone bisognose e i malati si è concretizzata, nella sua storia bimillenaria, in una ricchissima serie di iniziative a favore dei malati. (La Chiesa) ovunque cerca di curare, anche quando non è in grado di guarire. L’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, accogliente per tutti quanti sono feriti dalla vita, è una realtà molto concreta, perché in alcune parti del mondo sono solo gli ospedali dei missionari e delle diocesi a fornire le cure necessarie alla popolazione”.

Anche noi siamo chiamati a vivere questa vocazione materna di cura verso i sofferenti, gli anziani e gli ammalati attraverso una pastorale della salute capillare che si realizzi sia nelle nostre comunità parrocchiali, sia nelle strutture socio – sanitarie presenti sul nostro territorio.

La parola del Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla di un malato di lebbra, considerato impuro come ben ci ha ricordato nella prima lettura il libro del Levitico, il quale si avvicina a Gesù e supplicandolo in ginocchio dice: “Se vuoi puoi purificarmi!”.

Gesù non è sordo a questa supplica come non è sordo alle suppliche di tanti sofferenti che di giorno e di notte lo invocano trovando in Lui il senso profondo dell’esperienza che stanno vivendo in quanto malati.

Gesù non solo ascolta questa preghiera ma dice il vangelo: ebbe compassione, tese la mano, lo toccò.

Tre atteggiamenti di una comunicazione non verbale ma che esprimono quella vicinanza amorevole che deve essere tipica di ogni cristiano che accosta una persona ferita nel corpo e nello spirito.

Aver compassione indica un coinvolgimento personale di condivisione che è alla base di ogni atto di cura, tendere le mani significa farsi carico di chi accudiamo per risollevarlo non solo medicalmente ma anche spiritualmente nella preghiera e con la grazia dei sacramenti, il toccare è il gesto più importante in quanto rappresenta la caduta di ogni diaframma, di ogni barriera fra noi e la persona malata e ci permette di essere compresi dal fratello sofferente come autentici, liberi da ogni paura, proprio come farebbe una madre verso un suo figlio ammalato.

 

Questo stile deve diventare lo stile della nostra Chiesa nel mondo della cura verso quanti sono colpiti dal male fisico e spirituale. La conseguenza di questo atteggiamento è la purificazione: “Lo voglio, sii purificato!” dice Gesù.

Ma non può esserci guarigione, purificazione e salvezza vera se non c’è un atteggiamento che indichi una vera presenza che porti con sé la luce della Parola di Dio e la Grazia dei Sacramenti.

Caro Mario che fra poco sarai costituito accolito per il servizio all’altare, nel tuo essere a tempo pieno a servizio della Caritas dovrai rivestire quello spirito materno e quella capacità di farti prossimo al povero e al malato di cui il Vangelo di oggi, in questa giornata speciale ci ha parlato. Ciò che celebri accanto al sacerdote e al diacono sull’altare impara a viverlo con lo stesso amore accanto ai feriti della vita che ogni giorno incontri nel tuo servizio.

L’Unzione degli infermi che ora amministreremo ad alcuni ammalati vuole essere un segno evidente della cura della Chiesa verso tutti i sofferenti e celebrare in modo rituale quegli atteggiamenti di Gesù proclamati nel Vangelo di oggi.

Mi piace concludere con le stesse parole di Papa Francesco al termine del suo messaggio: “A Maria, Madre della tenerezza, vogliamo affidare tutti i malati nel corpo e nello spirito, perché li sostenga nella speranza.”

Amen.