Omelia in occasione della Solennità dell’Ascensione del Signore

21-05-2023

Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?

Come l’avete visto salire al cielo,

 così il Signore verrà. Alleluia”.

 

Così viene detto agli apostoli che vedono il Signore ascendere al cielo e oggi viene detto a tutti noi, non possiamo stare a guardare il cielo!

Il rischio di rimanere incantati con lo sguardo all’insù è presente nella nostra Chiesa e nella nostra società.

Gesù è venuto, è disceso, si è abbassato, una vera kenosi, ha camminato per le vie della Palestina, annunciando il Regno di Dio e guarendo i malati, ha patito, è morto ed è risorto.

È apparso ai suoi, come abbiamo letto in queste domeniche di Pasqua, ed ora ascende in cielo per sedere alla destra del Padre da dove giudicherà i vivi e i morti.

Gesù ha compiuto la sua missione salvifica, ora il testimone passa alla sua Chiesa, a noi che siamo chiamati a portare il Vangelo al mondo intero.

Gesù non ci lascia orfani, ha promesso lo Spirito Santo e ha detto, come abbiamo letto nel vangelo: “… ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Tutto ciò ci dà speranza e coraggio, non abbiamo timore, perché il Signore è con noi “tutti i giorni”, e non è poco!

A noi tocca questo tempo che va dalla sua ascensione al suo ritorno, nella parusia. È il tempo della Chiesa, è il nostro tempo, è il tempo di noi battezzati e discepoli-missionari di Gesù.

Sia nel libro degli Atti e sia nel Vangelo siamo invitati ad andare ad annunciare, negli Atti si dice “… e di me sarete testimoni … fino ai confini della terra” e nel Vangelo si ripete “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo…”.

Quanto mi sento missionario? quanto sono capace con la mia vita di comunicare la lieta notizia?

Comprendiamo che oggi il tema dell’evangelizzazione sta nella comunicazione! Qualche giorno fa partecipando ad una tavola rotonda, mi ha colpito un giornalista che rivolgendosi al mondo cattolico, in modo provocatorio esclamava: voi non ci siete! Ciò che fate non fa notizia, non è sulla bocca di tutti!

Forse un po’ esagerava, ma che spazio ha la comunicazione cristiana nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, nella nostra vita personale?

La cosiddetta stampa cattolica (Avvenire, Famiglia Cristiana, Gazzetta d’Alba ecc…), le tv e le radio, i profili social come sono lette, ascoltate e sostenute da noi cattolici?

Oggi la Chiesa celebra la 57ma Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali dal tema: “Parlare col cuore! Secondo verità, nella carità”.

È un tema importante quello che ci viene proposto, in quanto ci viene detto che la comunicazione ha una sua etica, un suo stile che non può essere compromesso per compiacere alcuni poteri forti o per fare cassa!

Papa Francesco nel messaggio che ha scritto in occasione di questa giornata dice: “Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla”.

E’ questo lo stile che ci viene richiesto nel fare comunicazione. Siamo nel tempio di San Paolo dove il Beato Giacomo Alberione ha fondato la sua opera, facendo della comunicazione lo strumento privilegiato per comunicare il Vangelo.

Dal suo stile, portato avanti dalle sue figlie e figli della Famiglia paolina, comprendiamo cosa vuol dire “parlare col cuore!”.

In questi due anni di cammino sinodale, attraverso i gruppi sinodali e il metodo della conversazione spirituale, abbiamo imparato a metterci in ascolto gli uni e gli altri, anche nella Chiesa che ne ha tanto bisogno.

A tale proposito, sempre nel suo messaggio per la giornata odierna il Papa scrive: “Come ho avuto modo di sottolineare, «anche nella Chiesa c’è tanto bisogno di ascoltare e di ascoltarci. È il dono più prezioso e generativo che possiamo offrire gli uni agli altri» [4]. Da un ascolto senza pregiudizi, attento e disponibile, nasce un parlare secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza. Abbiamo un urgente bisogno nella Chiesa di una comunicazione che accenda i cuori, che sia balsamo sulle ferite e faccia luce sul cammino dei fratelli e delle sorelle. Sogno una comunicazione ecclesiale che sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio”.

Facciamo nostro questo auspicio del Santo Padre e non rimaniamo con lo sguardo al cielo ma facciamoci coraggiosi annunciatori della verità nella carità, parlando col cuore, in attesa del Suo glorioso ritorno alla fine dei tempi. Amen.