Omelia in occasione della Giornata di Fraternità Sacerdotale

06-06-2023

Carissimi sacerdoti e diaconi,

come gli scorsi anni è bello ritrovarsi insieme per vivere questo momento di fraternità sacerdotale in cui ricorderemo gli anniversari della nostra ordinazione diaconale e sacerdotale.

Sono uniti a noi coloro che per motivi di salute o perché impossibilitati non sono presenti.

In particolare vorrei ricordare anche i nostri confratelli fidei donum che sono in Brasile e il caro don Renato Rosso che in questi giorni è qui in mezzo a noi e domani si sottoporrà a un piccolo intervento chirurgico, lo ricordiamo con affetto nella preghiera.

In questo giorno celebriamo la figura del nostro conterraneo Mons. Pietro Rossano nel centesimo anniversario dalla sua nascita proprio qui, in questo paese in cui ci troviamo e ci ospita.

Ringrazio il carissimo don Giulio Osto che con la sua lezione magistrale ci ha fatto riscoprire le molte qualità umane, spirituali e intellettuali di Mons. Rossano.

Molti di voi hanno avuto la possibilità di conoscere personalmente Mons. Rossano, tutti noi certamente abbiamo letto alcuni dei suoi scritti, da tutti è riconosciuto come maestro e pastore.

Mi sono chiesto, in questi giorni, come avrebbe vissuto il cammino sinodale in atto nella Chiesa il Vescovo Pietro Rossano?

Il 25 maggio scorso, Papa Francesco, incontrando noi Vescovi italiani insieme ai referenti diocesani per il Sinodo, ha parlato dello Spirito Santo come protagonista del cammino sinodale dicendo:

Cari fratelli e sorelle, proseguiamo insieme questo percorso, con grande fiducia nell’opera che lo Spirito Santo va realizzando. È Lui il protagonista del processo sinodale, Lui, non noi! È Lui che apre i singoli e le comunità all’ascolto; è Lui che rende autentico e fecondo il dialogo; è Lui che illumina il discernimento; è Lui che orienta le scelte e le decisioni. È Lui soprattutto che crea l’armonia, la comunione nella Chiesa. Mi piace come lo definisce San Basilio: Lui è l’armonia. Non ci facciamo l’illusione che il Sinodo lo facciamo noi, no. Il Sinodo andrà avanti se noi saremo aperti a Lui che è il protagonista. Afferma la Lumen gentium: «Egli – lo Spirito – introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22)» (n. 4).

In questo intervento del Papa, che ho già citato alla veglia di Pentecoste ai giovani, ho trovato molto degli insegnamenti di Mons. Rossano.

Dice il Papa:” È lo Spirito che apre i singoli e le comunità all’ascolto”.

Ho provato a cercare e a leggere gli scritti di Mons. Rossano e nel testo di Battista Galvagno, “Filosofia e Teologia del dialogo in Piero Rossano” ho trovato il “decalogo” del dialogo e al numero sei dice: inesauribile pazienza di ascoltare, sentire comprendere l’altro e sapiente gradualità (compresi periodi di silenzio) nel trasmettere totalmente e anche solo parzialmente il messaggio cristiano”.

L’ascolto è un atteggiamento fondamentale nelle relazioni umane, anche se faticoso e talvolta prevede momenti di silenzio per capirsi.

Mi chiedo quanto ci ascoltiamo fra di noi sacerdoti e diaconi? Sono convinto che se ci ascoltassimo di più le nostre relazioni sarebbero migliori. Ascoltare significa cancellare le etichettature, evitare il facile pregiudizio.

Mi chiedo anche quanto tempo dedichiamo all’ascolto della nostra gente. È vero abbiamo molte cose da fare, ma la gente si accorge se siamo capaci di ascoltare, se non trova in noi la disponibilità all’ascolto non ci cercherà più! L’ascolto non è una parola da dire ma è un atteggiamento da vivere e si differenzia dal “sentire” in modo superficiale, lasciando che tutto ci scivoli addosso come l’acqua sulle pietre, senza coinvolgerci e lasciandoci indifferenti.

Torno alle parole del Papa che ha ancora detto: È lo Spirito che rende autentico e fecondo il dialogo”.

Sappiamo che Mons. Rossano fu un maestro del dialogo al punto tale che venne soprannominato “Mons. Dialogo”, per cui è facilissimo trovare nei suoi scritti la definizione del dialogo.

Nel libro “Pietro Rossano” di don Giulio Osto, che vi sarà omaggiato, ho trovato, fra le tante, questa definizione di dialogo:

Sembra che si possa definire come dialogo una relazione interpersonale che avviene nel rispetto dell’alterità dell’interlocutore, sulla base di una comunione già esistente, in vista di un avvicinamento e di una unione più profonda, per un giovamento reciproco”.

Relazione, rispetto, comunione, avvicinamento sono le parole chiavi di questa definizione di dialogo.

Quanto dialoghiamo sinceramente fra di noi, nel rispetto reciproco? Abbiamo bisogno nel nostro presbiterio di costruire relazioni autentiche nel rispetto delle diversità e nell’accoglienza vicendevole, come veri fratelli in Cristo.

Sulla base di una comunione che per noi è già esistente e ha la sua radice nel sacramento dell’ordine che abbiamo ricevuto e ci accomuna tutti e ha la sua massima espressione nella celebrazione della Messa crismale il giovedì Santo in Cattedrale.

Lasciatemelo dire dobbiamo superare le divisioni fra di noi e soprattutto colmare la mancanza di dialogo e di rispetto che ferisce la comunione.

Il popolo santo di Dio a noi affidato ci vuole vedere uniti, non omologati e uniformati, ma “un cuor solo e un’anima sola”.

La bella testimonianza di Mons. Rossano, figura che oggi ricordiamo con gratitudine, ci sollecita ad intraprendere la via dell’ascolto e del dialogo innanzitutto fra di noi, io sono il primo a rendermi disponibile a qualsiasi percorso di dialogo affinché si superi con umiltà ogni forma di isolamento e distacco dalla vita diocesana e presbiterale.

Vi dico queste cose in questo clima fraterno e di amicizia, fra di noi, per superare ogni forma di ipocrisia.

Vorrei in questa giornata di fraternità sacerdotale fare mia la preghiera di Gesù al Padre, che abbiamo ascoltato nel Vangelo appena proclamato:

E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.” (Gv. 17).

Carissimi vi dico grazie per il vostro impegno quotidiano a servizio del vangelo e della Chiesa, nonostante le molte difficoltà, vi invito alla comunione e a darci una mano vera gli uni gli altri, come recita un canto del Gen Verde: “È più bello insieme!”.

Vi affido, infine, a Maria Madre dei sacerdoti e Regina degli Apostoli affinché ci aiuti a vivere l’esperienza del cenacolo il giorno di Pentecoste in cui lo Spirito creò l’armonia, la comunione nella Chiesa. Amen.