Omelia in occasione della Festività di San Lorenzo

10-08-2023

Care sorelle e cari fratelli, sacerdoti e diaconi

è sempre una gioia essere radunati insieme per celebrare la festa del martire Lorenzo, patrono della nostra Città e della nostra Diocesi, la cui presenza tra noi è segno di una vita vissuta nella diaconia, nel dono di sé stesso agli altri, soprattutto ai piccoli e ai poveri.

Essere insieme mostra sempre ciò che siamo come esseri umani, in particolare come cristiani, discepoli di Gesù: essere popolo, comunità, una fraternità di donne e uomini che vivono come fratelli e sorelle condividendo la loro vita, volendosi bene, aiutandosi, prendendosi cura degli altri, soprattutto di chi è più debole e bisognoso.

Quanto è prezioso questo modo di vivere sia per noi stessi che per il mondo!

Il nostro martire Lorenzo non ebbe paura di dare, di vivere la gratuità del dono.

Certo, potremmo dire: era diacono, era suo compito.

Cari amici, nella vita dei santi, diaconi, sacerdoti o laici che siano, c’è sempre qualcosa che ci riguarda, che ci potrebbe aiutare a vivere meglio, più contenti, più amici tra noi, più solidali.

Abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà, e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, ma non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”.

In queste parole si nasconde un segreto che potrebbe rendere più bella e felice la vita di tutti.

A volte si vive per sé stessi. Si pensa al proprio interesse, si accumula anche più del necessario, si ha paura che qualcuno, immigrato o no che sia, ci tolga ciò che possediamo, e perciò si vive male e magari lasciamo sfitte le molte abitazioni che ci sono sul nostro territorio, a fronte di una grande emergenza abitativa.

A che cosa si riferisce l’apostolo Paolo quando esorta la comunità di Corinto a seminare largamente?

Corinto era una comunità difficile, composta da persone molto diverse, piena di divisioni interne, dove si erano formati diversi partiti che non sapevano lavorare insieme.

Per questo San Paolo li esorta a superare le divisioni e a trovare unità proprio nella generosità verso gli altri, in particolare verso la comunità cristiana di Gerusalemme, che aveva bisogno di essere aiutata.

Paolo non chiede di dare tutto, esorta invece ciascuno a dare secondo quanto può, ma a farlo con gioia, non con la tristezza di chi ha paura di privarsi di qualcosa.

E conclude dicendo. “Dio ama chi dona con gioia”. Perché? Perché Dio gioisce della nostra generosità; infatti sa che chi dona con gioia trova quella felicità che non si ha mai nell’egoismo e nella paura di condividere la propria vita con gli altri.

Non si tratta di dare solo cose materiali.

Il dare si riferisce al nostro modo di vivere con gli altri.

Infatti, si possono dare molte cose agli altri: tempo, attenzione, aiuto nelle difficoltà, vicinanza, amicizia.

Pensate al valore che può avere una visita a una persona sola o malata, o anche solo una telefonata, o a volte ascoltare ciò che un altro ti vuole confidare, superando quella fretta che ci fa scappare perché si ha sempre da fare.

Le parole di Paolo suonano come un ammonimento in una società in cui spesso si vive per il proprio interesse, per portare avanti se stessi, possibilmente senza o contro gli altri.

Paolo ci dice che solo facendo del bene agli altri facciamo anche il nostro bene e il nostro vero interesse.

Solo chi si prende cura degli altri cura davvero anche la sua anima e la sua umanità.

Una società, un paese, una Chiesa, che si occupa solo di sé stessa, finirà per litigare, e ciascuno cercherà il proprio tornaconto.

Non avviene così anche nei nostri paesi o nelle nostre comunità ecclesiali quando non si lavora tutti insieme per il bene comune, ma ognuno si adopera per il suo interesse?

Cari fratelli e sorelle, in questo giorno non posso non denunciare la difficile situazione che vive la nostra città nell’accogliere tanti stranieri che sono arrivati in cerca di lavoro.

Il centro Caritas di via Pola non può continuare a sobbarcarsi il peso di tanti bisogni che manifestano questi lavoratori, talvolta sfruttati e senza garanzie da imprenditori e /o cooperative che si arricchiscono sulla loro pelle, come più volte ha documentato il settimanale diocesano Gazzetta d’Alba.

Chi lavora nelle vigne, e non solo, ha bisogno di una casa, ha bisogno di farsi una doccia, ha bisogno di essere accompagnato per tante esigenze personali e famigliari, ha bisogno di vivere dignitosamente…

Io faccio appello alle istituzioni preposte, affinché non ci lascino soli a gestire questa che non è più un’emergenza, ma una realtà sotto gli occhi di tutti.

Abbiamo bisogno che questa città si faccia carico in maniera strutturale, rispetto all’accoglienza, non sono sufficienti interventi sporadici e palliativi.

Faccio appello alle compagini partitiche che si presenteranno alla prossima competizione amministrativa, affinché nei loro programmi presentino soluzioni a questa piaga che rendano la nostra città più accogliente.

Care sorelle e cari fratelli, lasciamoci guidare dalle parole di San Paolo e dall’esempio del nostro martire Lorenzo, che non esitò a vivere donando sé stesso con generosità, senza rinunciare al suo ideale evangelico di vita anche davanti alla morte.

Chiediamo al Signore, per sua intercessione, che ognuno di noi non si accontenti di quello che è o che fa, ma possa da oggi fare suo il sogno e l’impegno di un mondo migliore, più giusto, più umano, più fraterno, a cominciare da sé stesso, perché si cambia il mondo solo se si comincia da sé stessi, senza lamentarsi e incolpare gli altri della nostra insoddisfazione o del nostro malessere.

Il martirio di San Lorenzo sciolga il nostro cuore alla bontà e all’amore perché tutti possiamo gustare la gioia del dare, protegga questa comunità, le nostre famiglie, i piccoli e i poveri, i malati e gli anziani, e soprattutto ci liberi dalla guerra e dalle ingiustizie. Amen.