I partecipanti all’assemblea nazionale del Cammino sinodale a Roma, dal 15 al 17 novembre
Dal 15 al 17 novembre si è svolta, nella basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, la prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia. I circa 1.200 partecipanti, delegati e vescovi, hanno scritto una lettera di ringraziamento a Papa Francesco, anticipando che la seconda assemblea sinodale sarà dal 31 marzo al 4 aprile 2025.
Monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, al termine dei lavori della prima assemblea ha redatto un documento con l’elenco dei punti principali
Di seguito sono riportati i testi della lettera a Francesco e del documento di monsignor Castellucci.

La delegazione albese all’assemblea nazionale del Cammino sinodale. Da sinistra: Giovanni Magliano, monsignor Marco Brunetti, don Piero Racca e Annamaria Tibaldi.
Prima Assemblea sinodale – Messaggio al santo padre da parte dei partecipanti alla prima assemblea sinodale
Beatissimo padre,
al termine della prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia, le rivolgiamo un pensiero di gratitudine per la sua vicinanza e per le sue parole di incoraggiamento e di sostegno.
Riuniti in questi giorni nella basilica di San Paolo fuori le mura, abbiamo condiviso davvero «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» (cf. GS, n. 1) dell’umanità. Abbiamo colto soprattutto la vivacità, che continua ad abitare le comunità dei nostri territori. Abbiamo avuto cura di non dimenticare gli ultimi, quanti abitano nelle periferie esistenziali, i poveri dei quali oggi celebriamo la Giornata mondiale. Abbiamo pregato con loro e per loro.
Dopo la breve “sosta” di queste giornate, durante le quali per le Chiese in Italia è iniziato il processo di attuazione del Sinodo dei Vescovi (cf. Documento finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 26.10.2024, n. 9), siamo già pronti a rimetterci in cammino verso la seconda Assemblea sinodale, che vivremo dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Ci lasceremo ancora una volta guidare dalla triplice consegna che lei, padre santo, ci ha affidato: «Continuare a camminare, fare Chiesa insieme ed essere una Chiesa aperta» (Messaggio ai partecipanti alla Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, 11 novembre 2024).
La nostra gratitudine diventa adesso impegno nel tradurre in decisioni e scelte concrete le riflessioni raccolte nelle fasi di ascolto e discernimento di questi anni di Cammino sinodale e dai lavori di queste giornate. Nella basilica che ci ha ospitato abbiamo fatto risuonare ancora una volta con commozione le parole che san Giovanni XXIII ha pronunciato in apertura del Concilio Vaticano II: «La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della Divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato» (11 ottobre 1962). Ci sentiamo in un momento di rinnovata Pentecoste.
È il tempo di realizzare quella missione nello stile della prossimità, che aveva animato san Paolo. Il libro degli Atti racconta che i primi passi della sua missione sono avvenuti con altri apostoli e discepoli come Barnaba e Giovanni (cf. At 13,2-4), prendendo letteralmente il largo per fondare e sostenere le comunità cristiane primitive. Sentiamo anche noi questa vocazione ad una missione condotta non in solitaria, ma insieme, per portare con coraggio e speranza il Vangelo, anzitutto attraverso la testimonianza dell’amore fraterno (cf. Gv 13,35).
Grazie, Padre Santo. Benedica noi e il cammino che ci attende. Le confermiamo la preghiera nostra e delle nostre comunità.
I partecipanti alla prima assemblea sinodale delle Chiese che sono in Italia
Rilancio finale di monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale
Secondo alcune fonti, domani ricorrono i 1.700 anni della dedicazione della basilica di San Paolo, la prima basilica, quella costantiniana, avvenuta il 18 novembre del 324 ad opera di Papa Silvestro I. È probabile che sia una data convenzionale, ma questa simbolica coincidenza ci fa apprezzare ancora di più il senso della nostra assemblea
In questi tre giorni, ci siamo inseriti in una grande corrente: diciassette secoli di ininterrotta vita cristiana che ha trovato qui, sotto la protezione di san Paolo, tutte le sue espressioni: celebrazioni liturgiche e sacramentali, annuncio, predicazione e catechesi, incontri personali e assemblee comunitarie, accoglienza dei poveri e ospitalità dei cercatori di speranza, presenza orante e ministero dei monaci benedettini. Sembra così di rivivere, in questi giorni e in questo luogo, l’esperienza della prima comunità di Gerusalemme, subito dopo la Pentecoste, con le loro quattro perseveranze: nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.
L’eccezionale ambientazione della nostra assemblea – ringraziamo ancora una volta chi ha
organizzato e chi ci ha accolto – è dunque già un messaggio sinodale. Abbiamo non solo
ricordato, ma sperimentato che la Chiesa sinodale, per essere missionaria, deve restare
immersa in Cristo: il Cristo gigantesco che domina l’assemblea, nel mosaico absidale del XIII
secolo, come ha già ricordato il cardinale Matteo Zuppi, è il senso del nostro convenire e del
nostro camminare insieme. E l’immersione della Chiesa nel suo Signore si rinnova proprio
nelle quattro dimensioni dell’esperienza cristiana, che sono dimensioni pasquali: è infatti
nella predicazione della Parola, nella celebrazione dei misteri, nella vita fraterna e nelle
preghiere che il Risorto si rende presente, nello Spirito, alla Chiesa di ogni epoca. È per il fatto di avere assaporato questa esperienza che registriamo oggi una gioia profonda tra di noi. Gioia per avere insieme celebrato, pregato, interagito; per avere potuto confrontarci liberamente: allo stesso tavolo donne, uomini, presbiteri, vescovi, laici, consacrati e consacrate, giovani e anziani, delegati provenienti da tutte le zone della Penisola (tutte le Diocesi sono rappresentate) e persone di diversa formazione, sensibilità, ruolo. Abbiamo sperimentato, sebbene rapidamente, la bellezza di essere «popolo profetico». Questo è il Cammino sinodale, prima ancora e forse più ancora che un testo scritto. Un testo, certo, sarà necessario: lo dovremo discutere e votare nella seconda assemblea sinodale e nella prossima Assemblea generale della Cei; ovviamente non potrà contenere tutti i temi pastorali e sociali – grazie perché anche questa mattina ne sono emersi tanti – ma dovrà tenerli presenti, perché costituiscono l’orizzonte missionario sul quale si deve misurare la riforma delle nostre Chiese; se a qualcuno sembra che gli argomenti proposti nelle schede siano troppo intra-ecclesiali è perché il Cammino sinodale si snoda su ciò che deve “cambiare” dentro la Chiesa, per poter camminare più speditamente con l’umanità del nostro tempo, cogliendo i frutti dello Spirito e annunciando il Vangelo di Gesù in maniera più snella. Il testo finale dunque non potrà essere un corposo manuale di temi pastorali, ma un tentativo di sbloccare alcune pesantezze che ora ci affliggono, perché siamo feriti dal peccato.
Come tante volte ci siamo detti, e il Papa stesso ci ha rammentato fin dall’inizio, è l’esperienza sinodale a doversi incidere in maniera indelebile nelle nostre Chiese: stili e prassi sinodali sono e saranno i frutti più significativi di questo Cammino. Alcuni segnali ci sono e sono testimoniati dalle sintesi diocesane di questi anni. Prima di tutto lo stile dell’ascolto, che con il metodo della “conversazione nello Spirito” prende avvio dalla Parola di Dio, che dispone all’ascolto degli altri; uno stile che, adattato, potrà connotare il nostro convenire a tutti i livelli: dagli Organismi di partecipazione alle riunioni degli operatori pastorali; questo doppio ascolto all’inizio di ogni riunione permetterà di proseguire con maggiore scioltezza e concretezza nel confronto e nel dialogo tra i partecipanti.
In secondo luogo, lo stile del dialogo, proposto in modo laboratoriale nei Cantieri di Betania, che sono stati e sono esperienze di incontro anche con i “mondi” non sempre interagenti con quelli ecclesiali: le diverse povertà materiali, relazionali, spirituali; i mondi delle professioni e del lavoro, come artisti, imprenditori, agricoltori, giornalisti, docenti, operai e così via.
In terzo luogo, lo stile della partecipazione: in non pochi casi, le sintesi delle nostre Chiese locali hanno registrato la riattivazione dei Consigli pastorali parrocchiali, zonali e diocesani, che, dovendo corrispondere alle richieste provenienti dal Cammino sinodale, si sono nuovamente riuniti e in alcuni casi anche formati ex novo. Rinnovati secondo le indicazioni del Sinodo universale, sono strumenti importanti per la Chiesa sinodale in missione. Cito un ultimo elemento di stile – ma ce ne sarebbero altri – che forse va detto per primo: il Cammino di questi tre anni ci ha dotato, potremmo dire, di una vista più profonda; ci ha abituato a scrutare le pieghe della nostra storia, cogliendo con umiltà sia le ferite dentro e fuori la Chiesa, sia i raggi di speranza e di vita, che abitano il quotidiano delle case e delle strade e che spesso restano sepolti sotto la coltre delle cattive notizie. Anche in questi giorni, ai nostri tavoli, abbiamo fatto circolare esperienze belle e positive, autentiche spie della crescita del Regno di Dio nel nostro tempo. Sono solo germogli, ma la sfida della ricezione sinodale sarà poi quella di sostenere questi stili perché diventino strutturali nelle
nostre Chiese.
Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale
Assemblea sinodale_Messaggio al santo padre
Assemblea sinodale_Rilancio finale monsignor Castellucci