Consegnata la sintesi dei lavori sinodali

Ieri sera, venerdì 20 maggio, ad Altavilla,  nel corso dell’assemblea con i capigruppo del Cammino sinodale, con i sacerdoti e il Consiglio pastorale, è stata presentata la sintesi con i contributi di 220 gruppi sinodali raccolti in diocesi, insieme al centinaio di risposte arrivate tramite il questionario diffuso sui siti di Gazzetta d’Alba e della diocesi. Anna Maria Tibaldi e Battista Galvagno hanno illustrato i contenuti emersi dalla consultazione del mondo ecclesiale e non: la Chiesa albese, come tutta la Chiesa italiana, in questa prima fase del cammino sinodale si è messa in ascolto, senza alcun pregiudizio o giudizio di valore, Accogliendo valutazioni, proposte e stati d’animo del popolo di Dio. Ora, i gruppi sinodali torneranno a ritrovarsi per indicare su quali punti fin qui emersi occorre approfondire e privilegiare l’attenzione di tutti. Quello che si sta costruendo non è un documento calato dall’alto, dalla gerarchia ecclesiastica: si tratta piuttosto di un’occasione unica, nella Chiesa, per dare come cristiani e persone di buona volontà, il proprio contributo, sicché la nostra presenza e partecipazione diventa già di per sé il documento più importante, la testimonianza di una comunione e ricerca della verità faticosa ma condivisa.

Nella sua introduzione (vedi testo già pubblicato), il vescovo monsignor Brunetti ha tra l’altro comunicato che proprio lui e Anna Maria Tibaldi sono stati indicati dalla Conferenza episcopale piemontese a rappresentare la nostra circoscrizione ecclesiastica presso la Cei a Roma nei lavori sul Cammino sinodale a livello nazionale.

Di seguito diamo il testo integrale con la sintesi finale dei gruppi sinodali:

Anna Maria Tibaldi, il vescovo Marco e Battista Galvagno durante l’incontro di Altavilla.

Diocesi di alba – Sintesi del Cammino sinodale 2021-22

I. Rilettura dell’esperienza sinodale

Il Cammino Sinodale della Diocesi di Alba è iniziato il 16 ottobre con una convocazione di circa 250 persone rappresentative di tutta la Diocesi, riunite per una riflessione introduttiva a gruppi su macro aree sul Sinodo, e conclusa con una solenne celebrazione presieduta dal Vescovo.

È seguito un tempo preparatorio fino a dicembre, con la diffusione di materiale dedicato e incontri nelle vicarie e nelle parrocchie per presentare le tematiche e la novità stessa del Sinodo e gli atteggiamenti con cui viverlo.

I Gruppi sinodali hanno lavorato soprattutto nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, con la costituzione di circa 220 gruppi e con un centinaio di interventi individuali di varia lunghezza e spessore. La riflessione e il confronto si sono sviluppati con una certa difficoltà, per le restrizioni dovute al Covid-19 e per una lentezza organizzativa da parte di molte comunità. Di conseguenza il tempo è stato relativamente poco: la maggior parte dei contributi sono arrivati nelle ultime settimane.

Per molti è stato utile e stimolante l’intervento in gennaio di monsignor Erio Castellucci. Dopo quella serata, l’attività sinodale ha avuto un significativo balzo in avanti.

Sulle questioni sinodali si sono espressi il Consiglio presbiterale diocesano, il Consiglio pastorale diocesano, tutti gli uffici, i diaconi, le religiose. Sono giunti alla segreteria diocesana contributi da quasi tutte le parrocchie e unità pastorali: ciò attesta una buona partecipazione ecclesiale dove emerge la presa di coscienza e il desiderio di confronto sulla vita di fede e la situazione dei credenti e della Chiesa nel mondo attuale. Gli interventi appaiono animati da uno spirito ecclesiale costruttivo, dal desiderio di riflettere e di contribuire al cammino della Chiesa, di parlare con nuova libertà e responsabilità.

La gran parte dei contributi parrocchiali proviene dai paesi. Più ridotta è stata in proporzione quella delle Parrocchie della città. Si sono attivate le riflessioni dei Consigli pastorali nella quasi totalità delle parrocchie o Unità pastorali. Notevole è anche il numero degli interventi dei gruppi di catechisti parrocchiali. Sempre a livello Parrocchiale sono giunti alcuni contributi di gruppi giovanili.

Vengono poi un discreto numero di contributi dei gruppi collegati agli Uffici pastorali diocesani (Caritas, Lavoro, Scuola, Salute).

Numerosi anche gli interventi di gruppi biblici o di riflessione sul Vangelo.

Altri contributi sono giunti da associazioni e movimenti di ispirazione cattolica (Aci, Agesci, Acli, Csi, Gam, Adorazione e Vita, Rinnovamento nello Spirito). Anche le religiose hanno inviato diversi contributi. Alcune associazioni di base di ispirazione cristiana hanno inviato le loro riflessioni: Insieme, Il campo, Resurrexit, San Paolo.

È da rimarcare inoltre la grande partecipazione dei ragazzi, delle scuole di ogni ordine – infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado – grazie in particolare all’impegno dei docenti di religione che, in qualche caso, hanno raccolto anche interventi dei colleghi. Possiamo dire che vi è stato un coinvolgimento quasi totale delle scuole primarie; le scuole medie e le scuole superiori sono state presenti nella totalità, almeno con alcune classi.

Anche diversi gruppi di anziani e delle case di riposo hanno voluto partecipare e contribuire.

Si può dunque osservare che la partecipazione è stata in gran parte di gruppi legati o vicino alla Chiesa, con uno scarso coinvolgimento delle realtà e delle persone estranee alle comunità ecclesiali. Il difficile coinvolgimento di realtà esterne fa pensare a una distanza che si sta ampliando. Molti contributi fanno notare che, anche se c’è una popolazione nella stragrande maggioranza battezzata, tante persone paiono essersi silenziosamente allontanate, e non sembrano sempre interessate a motivare la loro scelta o il loro disinteresse, né a dare un giudizio sulla realtà abbandonata.

Significativi, soprattutto in ambito studentesco e online, gli interventi di credenti ortodossi.

I principali contributi esterni sono giunti dal Questionario online proposto dal settimanale Gazzetta d’Alba. Un centinaio di interventi con brevi risposte: circa metà da persone credenti con un giudizio fondamentalmente positivo sulla Chiesa, e per l’altra metà da persone che si definiscono non credenti (o diversamente credenti) o non praticanti. Dalla lettura degli interventi si evidenzia che è rimasto un fondo di formazione cristiana generale che, pur se affievolito o segnato da eventi negativi, ha spinto a scrivere ed esprimere pareri e valutazioni.

Con uno sguardo riassuntivo del materiale pervenuto, possiamo dire che, dal punto di vista anagrafico, i contributi hanno coperto tutto l’arco della vita: dai bambini della scuola materna, ai giovani, alle famiglie, agli anziani.

Primi frutti

Il cammino sinodale ha donato stimoli per uscire dalla passività e dalla rassegnazione, dalla rigidità verticistica, per una presa di coscienza e di corresponsabilità del popolo cristiano; ha costituito un’esperienza di superamento del “modello piramidale” di Chiesa.

Un primo frutto del cammino sinodale è stato quello di avere sollecitato le comunità cristiane a intervenire con più esplicita coscienza dei problemi e delle difficoltà in cui vivono le nostre Chiese nel mondo contemporaneo; ha permesso una larga partecipazione popolare dei credenti, ha dato la parola a tanti laici, ha destato speranze e desideri di contribuire al rinnovamento della Chiesa e della fede; ha offerto suggestioni e prime proposte per un cammino ecclesiale rinnovato e più comunitario.

L’assemblea intervenuta ad Altavilla per la presentazione dei risultati dei questionari sul Cammino sinodale.

II. Discernimento dei contributi

In ascolto…

Risulta impossibile condensare in una decina di pagine gli oltre 200 contributi e i 100 interventi on line per un totale di più di 500 pagine. Non è stato facile ascoltare tutte le voci, anche perché estremamente diversificate sia a livello di analisi sia di proposte.1

Salta immediatamente agli occhi l’enorme differenza di sensibilità tra chi chiede direttive chiare in materia di dottrina, morale e sacramenti e chi chiede più libertà di opinione e di iniziativa e nuove aperture sulle tematiche morali e del ministero.

Ancora più marcata la diversa sensibilità dei gruppi ecclesiali e del mondo dei praticanti occasionali. È relativamente facile ascoltare tutte le voci: sarà difficile offrire risposte appropriate.

Come già rilevato in premessa, la maggioranza degli interventi, anche di chi si è allontanato, si concentra su questioni interne alla Chiesa. La vita delle nostre comunità è stata passata al setaccio e sono emersi prima di tutto i difetti.

1. Situazione della Chiesa oggi: come è vista la Chiesa in generale?

  • È molto vivo un disagio complessivo. Esiste ancora un buon senso di appartenenza da parte dei praticanti anziani, ma emerge in modo diffuso l’impressione di una Chiesa istituzionale” percepita come appesantita, invecchiata, culturalmente in ritardo nell’affrontare la mentalità e la cultura contemporanea, dal linguaggio obsoleto, segnata da rigidità e scarsa apertura.

  • L’anacronismo, sottolineato da molte voci, è particolarmente evidente nell’ambito della morale sessuale e della difficoltà ad accettare persone con orientamento sessuale diverso.

  • Tutto ciò indebolisce la capacità di testimonianza nel mondo d’oggi e la forza della comunicazione, accentuata dalla estrema varietà di posizioni interne alla Chiesa. Emerge una Chiesa che ascolta poco ed è poco capace di ascoltare: di qui gli appelli di molti gruppi sinodali a trovare vie per rinnovare la testimonianza cristiana e una spiritualità attenta al quotidiano. Una Chiesa giudicata per lo più accogliente da chi partecipa, ma poco o nulla accogliente per chi ne è fuori, vissuta come escludente per chi è in situazioni “irregolari” o di diverso orientamento sessuale.

  • Tali giudizi sono più accentuati a livello giovanile da cui essa è giudicata spesso anacronistica, non interessante, superata, anche se emergono apprezzamenti per momenti comunitari ed esperienze positive di vita nell’infanzia e adolescenza. Di qui il disinteresse e l’allontanamento – a tratti affiorano anche polemiche pregiudiziali (sfoggio di vestiti, attaccamento ai soldi, ricchezze…). È sentita come una Chiesa che impone obblighi, giudicante, rigida su temi morali e sull’accesso ai sacramenti. In positivo è apprezzata come luogo di incontro, di relazioni, di esperienze comunitarie, e anche per gli spazi di pace o di silenzio che parecchie persone trovano in essa.

2. Ascoltare: la vita delle comunità cristiane

Il cammino delle nostre comunità è stato analizzato ampiamente, con molti rilievi e osservazioni:

  • La nostra è una Chiesa di vecchi, poco appetibile per bambini e giovani.

  • C’è una generale insofferenza verso il paternalismo e il moralismo.

  • C’è un senso di comunità molto debole: ci sono gruppi che lavorano a compartimenti-stagni, con scarsa comunicazione tra loro. D’altro canto far parte di un gruppo è quasi l’unico modo di far parte della comunità. Per il resto, la comunità non è qualcosa di vissuto, non è reale: rimane un insieme di rapporti superficiali che trovano un momento comune solo durante la Messa domenicale. Raramente la Parrocchia è vista come luogo aperto a gruppi, incontri e relazioni.

  • Il ruolo dei preti/parroci è spesso limitato alla liturgia, meglio ancora alla Messa, ma le celebrazioni sono in genere noiose, con un linguaggio desueto e incomprensibile

  • Spesso i sacerdoti non hanno tempo, hanno fretta, sono presi da molte incombenze burocratiche. Si vorrebbe un parroco più pastore e guida spirituale, che intesse relazioni con le famiglie e le persone, capace di rispondere ai nuovi bisogni di spiritualità.

  • È forte la richiesta di liberarlo dai molteplici impegni burocratici e istituzionali, sia delegando ai Consigli, a laici preparati, sia dando la rappresentanza legale della parrocchia a laici per la parte economica e gestionale.

  • Le parrocchie tendono a modellarsi sulla figura del parroco: questi, visto più come un burocrate che come un pastore, ha ancora il concreto “potere” a volte di stravolgere completamente la comunità in cui arriva.

  • Di qui la richiesta di coinvolgere le comunità in relazione ad accorpamenti tra parrocchie, unità pastorali, trasferimenti di parroci.

  • È necessario ripensare il ruolo del prete: un prete non può stare da solo. Anche là dove non ci sono devianze o drammi di solitudine, uno stile di vita “monastico” non esprime il senso di Chiesa, non incarna lo stile di vita di Gesù e non è per nulla appetibile ai giovani.

  • La gente ha bisogno di un pastore che cammini insieme, non di un comandante solitario. Le comunità dovrebbero diventare realtà autonome, in cui il prete si inserisce per affiancare il cammino e offrire il servizio del suo ministero. Andrebbero apprezzate e sostenute le piccole comunità. Chiaramente questo impone un ripensamento radicale del cammino di formazione e del ruolo del Seminario.

  • Diversi gruppi auspicano il superamento della separazione tra clero/consacrati e laici, andando oltre la struttura gerarchica attuale e la concezione ‘piramidale’ della chiesa, con la costruzione di rapporti più fraterni e la scelta e formazione di persone incaricate dei servizi e ministeri da parte delle comunità.

  • C’è una generale diffusa insofferenza sui meccanismi di selezione per l’ammissione ai sacramenti: gli “appelli” e le “firme di presenza” sono subiti come un sopruso e rischiano di cancellare il messaggio di Grazia dei sacramenti stessi.

  • Nella comunità ecclesiale, la presenza femminile è maggioritaria, ma le donne non hanno ruoli riconosciuti, a parte i ministri straordinari dell’Eucarestia. Massiccia è la richiesta di dare il giusto spazio alle donne e dunque la necessità di ripensare i ministeri e di pensare seriamente al diaconato femminile.

  • Anche il posto delle religiose chiede di essere riconosciuto e valorizzato, e non apprezzato solo per l’aiuto nell’attività pastorale (“manovalanza”).

3. Ripartire dalla Parola

  • Una comunità non può costituirsi se non attorno alla Parola: ecco la necessità di tornare alla Parola, di formare persone in grado di capire e spiegare la Bibbia.

  • Moltissimi gruppi chiedono più Bibbia, vorrebbero la formazione di gruppi sulla Parola; lamentano che questa “non parla” e non illumina la vita e le situazioni storiche, perché non viene spiegata e non è possibile farlo adeguatamente durante l’omelia.

4. Ripartire dai giovani

  • L’assenza dei giovani, il loro abbandono generalizzato della partecipazione specie dopo la Cresima, è sentito con preoccupazione in tutte le comunità Parrocchiali.

  • Viene invocata genericamente più attenzione, più apertura di proposte e attività per loro; ricerca di vie di coinvolgimento in Parrocchia. Si sottolinea che senza di loro il futuro delle comunità e della fede sarà sempre più problematico.

  • È sempre più difficile per gli adolescenti trovare persone disponibili ad ascoltare le loro problematiche, capaci di capire e di rispondere. Le parrocchie si trovano con parroci anziani e in difficoltà a formare educatori.

  • Da parte loro, i giovani lamentano che non hanno spazi dedicati – è assurdo pretendere che siano presenti ad attività i cui organizzatori e partecipanti sono tutti adulti: spesso i loro padri o i loro nonni!

  • Generalmente i giovani non si sentono ascoltati, capiti e meno ancora responsabilizzati: per questo se ne stanno fuori e frequentano altri ambienti. La liturgia “non parla”, la Chiesa non interessa né coinvolge.

  • Dalle riflessioni delle scuole superiori e anche della scuola media, emerge la percezione di una Chiesa come ambiente chiuso e lontano, fuori del tempo, con uno stile paternalistico e moralistico, maschilista e patriarcale, che non affronta la questione femminile e propone una morale sessuale fuori tempo e lontana dalla vita delle persone.

  • Una parte non piccola di studenti della scuola superiore si professa dichiaratamente atea, la maggioranza oscilla tra agnosticismo e credenza senza più pratica religiosa, solo una minoranza si professa credente e praticante.

  • Una parte significativa però ripensa e ricorda con nostalgia l’ambito comunitario e relazionale sperimentato nella realtà ecclesiale, in special modo nei campi scuola, quasi un lontano ricordo di gioventù (e hanno al massimo 18/19 anni!).

  • Praticamente tutti hanno ricevuto Battesimo e Prima Comunione e in maggioranza la Cresima.

  • Il riferimento ecclesiale rimane essenzialmente la celebrazione eucaristica (“la Messa”), ritenuta non tanto il centro della propria fede (presente o passata), ma sostanzialmente l’unico legame con quella Chiesa vista esternamente come gerarchia (“il prete”) e valutata essenzialmente solo su quel parametro: prete bravo, prete noioso, prete arretrato, prete indisponente.

  • La preghiera, soprattutto nella percezione dei più giovani, viene abitualmente associata alla richiesta di “grazie” o al ricordo-suffragio dei defunti.

  • Per i ragazzi e i giovani è molto difficile capire il meccanismo delle “offerte” e, più in generale, la gestione economica delle comunità: di qui la facile accusa ai preti di essere legati ai soldi.

  • La catechesi (“il catechismo”) è ricordata come essenzialmente nozionistica, tranne rari casi, quindi terminata “per fortuna” con la Cresima, anche se quasi tutti ricordano bene le catechiste (donne per la maggior parte) dal punto di vista umano e i bei momenti di socializzazione vissuti. Dei contenuti dottrinali non rimane quasi nulla.

  • La Chiesa Cattolica, tranne pochi casi, sostanzialmente non interessa né come istituzione né come luogo di condivisione di fede: interessava da “piccoli” come luogo di ritrovo, di gioco e di relazioni, oggi come adolescenti e giovani ci si ritrova per lo più in altri luoghi più adatti all’età, più aperti e meno vincolati all’aspetto confessionale.

  • Permangono e sono apprezzati i movimenti e le associazioni: per alcuni, gli scout e l’Azione Cattolica, come ambiti legati alla Chiesa, ma ritenuti aperti e liberi e, per una minoranza, i gruppi giovanili parrocchiali.

  • C’è un certo desiderio di trovare gruppi e luoghi di incontro. Da parte di molti studenti emerge implicitamente o a volte anche esplicitamente una ricerca personale anche in campo religioso, più libera e variegata del passato, ma anche più incerta e indeterminata.

5. Celebrare: la Liturgia

  • La liturgia si identifica con la Messa, che per molti è ormai l’unica forma di preghiera comunitaria e spesso anche personale. Manca uno sviluppo di altre forme di preghiera.

  • Le omelie sono un punto dolente: pochissimi gli apprezzamenti; quasi tutti gli interventi sono negativi. Gli aggettivi più ricorrenti sono: non preparate, troppo lunghe, astratte.

  • La liturgia ormai non parla più, in particolare ai giovani: le nostre celebrazioni usano un linguaggio desueto e non sono capaci di coinvolgere l’assemblea.

  • Più voci chiedono un coinvolgimento dei laici, almeno in fase di preparazione. Oltretutto questi incontri si trasformerebbero automaticamente in momenti di formazione.

  • La liturgia non riesce a proporre una spiritualità che animi il quotidiano, ma solo ad accompagnare i momenti di passaggio.

6. Prendere la parola: la Catechesi

  • È finalizzata quasi solo ai sacramenti, non alla preparazione di coscienze cristiane, di testimoni del Vangelo nei vari ambienti di vita. Spesso resta dottrinale e vuota, anche se per alcuni le certezze dottrinali sono essenziali.

  • I contributi dei gruppi di catechisti mostrano fiducia e speranza di rinnovata ripresa, accanto al desiderio di formazione; in qualche caso segnalano anche sperimentazioni efficaci e originali, incentrate su esperienze che coinvolgono i ragazzi attraverso l’arte, il teatro, la musica, l’attualizzazione della Parola.

  • Alcune comunità sentono il problema dell’invecchiamento dei catechisti e della riduzione del loro numero.

  • Il catechismo assorbe molte energie delle nostre comunità. Ci sono voci che parlano di tempo ed energie “buttate”, considerando i frutti a lungo termine. Ma altre voci sottolineano che la catechesi è un momento di semina e spesso chi semina non può pretendere di raccogliere i frutti.

  • Molto discusso il rapporto tra catechesi e sacramenti e, più in generale, tra fede e sacramenti. Questi devono essere considerati un dono gratuito o una sorta di “diploma di maturità”, conseguito al termine di un “percorso di studi regolari”?

7. Dialogare nella Chiesa e nella società: la Testimonianza

  • La religione appare in generale come totalmente distaccata dalla vita, un mondo a sé.

  • Troppo spesso la Chiesa non ha addentellati o influenze sulla vita: non è per nulla interessante, perché arretrata, anacronistica, troppo appiattita sulla figura del parroco.

  • I battezzati non sono quasi mai una voce critica sui temi del lavoro, dell’economia, della pace, della politica. C’è carenza di forza profetica in questi campi da parte della Chiesa; si auspica che il papa non resti così isolato nelle sue indicazioni sulla vita sociale e politica, sugli stili di vita.

  • La Chiesa deve avere una voce libera davanti ai poteri economici, politici e massmediatici.

  • Si avverte la mancanza, e lo si chiede da parte dei laici impegnati, di una spiritualità che sostenga l’impegno nel mondo sociale e del lavoro, che aiuti a ricomporre il legame tra la fede e la vita.

  • C’è infine il vasto mondo del volontariato (Caritas, assistenza agli anziani, gruppi di solidarietà) la cui presenza all’interno delle nostre comunità è essenziale e imprescindibile.

Lo sforzo di accoglienza attraverso i gruppi Caritas, che cercano la collaborazione con le istituzioni, non sempre viene riconosciuto e valorizzato dalla intera comunità parrocchiale.

  • Alcuni, soprattutto tra gli anziani, si sentono accolti e partecipi, anche se non sempre ci sono gli spazi dedicati; altri lamentano difficoltà di accoglienza e mancanza di tempo a partecipare.

I nodi al pettine

Tutto questo apre di fronte a noi una serie di alternative epocali, probabilmente quelle che hanno spinto Papa Francesco a sollecitare l’indizione di questo Sinodo. Ricordiamo che fin dall’inizio del suo pontificato ha cercato di svegliare le nostre coscienze ricordandoci che non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca.

Un cambiamento d’epoca chiede cambiamenti epocali: non è pensabile limitarsi a migliorare o aggiustare l’esistente per salvare il salvabile, anche perché in molti casi c’è ormai ben poco da salvare: pensiamo – per citare i termometri più facili da consultare – alla presenza abituale all’Eucarestia domenicale, al calo della richiesta del sacramento del matrimonio.

  • Emerge con chiarezza la percezione del cristianesimo come relazione, più che come dottrina e insieme di riti e pratiche liturgiche. È significativo il ricordo-desiderio positivo di momenti di socializzazione come i campi scuola e la generale richiesta che la parrocchia sia un luogo di relazione. È evidente che per essere tale, dovrà essere gestita non da preti con l’età dei nonni, ma da laici!

  • Si scivola sempre più nell’insignificanza del fatto religioso per la vita e nell’indifferenza sul piano personale ed esistenziale. La maggioranza dei battezzati è ormai indifferente alla Chiesa, ai suoi richiami, ai suoi appuntamenti, ai suoi rituali. La gente non chiede più alla Chiesa la direzione di fondo da dare alla propria vita, chiede solo sporadici interventi in occasione dei “riti di passaggio”: un supplemento di festa in occasione di nascita, crescita (Prima Comunione e Cresima), matrimonio; un po’ di consolazione di fronte alla morte.

  • È sempre più evidente che siamo di fronte non alla prima ma certamente alla “seconda generazione incredula”: per i bambini, la religione, in particolare la pratica liturgica è tipica dei nonni!

  • La capacità della nostra Chiesa di incidere a livello culturale e ancor più in ambito morale e sui comportamenti individuali è bassissima: pensiamo alla morale sessuale. Nel mondo studentesco risultano ormai assenti le annotazioni polemiche contro quelli che fino a poco tempo fa erano “cavalli di battaglia”: rapporti sessuali prematrimoniali, contraccezione. Ormai c’è uniformità di comportamenti che non conosce confini tra credenti e non credenti.

  • Permangono luoghi comuni che non hanno nessun legame con la realtà: si pensi alla presunta “ricchezza” della Chiesa: almeno nella nostra realtà le parrocchie incontrano crescenti difficoltà economiche a garantire la manutenzione ordinaria degli immobili e il riscaldamento degli edifici adibiti al culto!

  • C’è chi ha parlato di “gestione del rifiuto”, considerando che l’evangelizzazione può considerarsi in qualche modo “conclusa”, nel senso che un primo annuncio di Vangelo avviene ed è avvenuto con tutti i mezzi a disposizione, dall’annuncio in famiglia all’utilizzo dei momenti importanti nella vita (nascita, morte, inizio della vita familiare, tappe della vita infantile e adolescenziale), dall’utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale alla presenza in Internet. Il risultato di tutto ciò sarebbe che la maggior parte della popolazione italiana e occidentale sta allontanandosi da questa proposta di vita e si rifiuta di fare del Vangelo il punto di riferimento della sua esistenza.

  • Altri hanno parlato criticamente di una Chiesa ridotta ad “agenzia di intrattenimento folcloristico”, che gestisce una religione non più cristiana in tessuto sociale materialistico e in una società pagana, con i suoi idoli, tra cui non può mancare “un po’ di religione”, ma senza esagerare, perché non deve disturbare!

III. Prospettive di cammino

L’insieme dei contributi del popolo di Dio indica alcune grandi aree su cui camminare per aprire spazi di futuro.

1. Comunità e Relazioni:

  • Una Chiesa comunità che sia accogliente, con un primato di relazioni fraterne, articolata in piccole comunità e gruppi, con predilezione verso i giovani, le persone in situazioni difficili sotto i vari aspetti (economici, di emarginazione sociale) e le situazioni cosiddette irregolari o di diverso orientamento sessuale (la coscienza della gente è più avanti della Chiesa!)
  • Superamento del modello piramidale per quello circolare e fraterno

2. Comunicazione: rinnovamento dei linguaggi e dei contenuti

Se la Chiesa è percepita come istituzione appesantita e rigida, occorre offrire e comunicare un’immagine rinnovata della Chiesa, nei gesti, nelle parole, nella presenza, che parli al cuore e all’intelligenza degli uomini d’oggi: più trasparente, libera, essenziale.

  • Per parlare all’uomo d’oggi occorre un rinnovamento a livello teologico, passando dall’idea di un Dio giudice a quella evangelica di un Padre misericordioso, – o con un ripensamento più complessivo del messaggio cristiano e della sua comunicazione (per esempio, il rapporto con i dati delle scienze biologiche, psicologiche; coi temi del sacrificio o della ricomprensione della redenzione e salvezza; dei temi morali della sessualità, dei rapporti con i credenti di altre confessioni e religioni).Nuova attenzione alle forme della comunicazione digitale.

  • Rinnovamento a livello catechistico, passando da una formazione finalizzata ai sacramenti ad una formazione mirante alla maturazione di coscienze adulte e capaci di testimonianza. Valorizzare gli anziani, soprattutto nella loro capacità di narrazione; promuovere le relazioni intergenerazionali nella trasmissione della fede.

  • Rinnovamento a livello liturgico, passando dalla rigidità del rito a forme di creatività e di adattamento all’età dei partecipanti e ai problemi della comunità, con possibilità di sperimentare diversi modi di celebrare.

  • Limitata a poche voci, ma molto forte la richiesta di una Chiesa più profetica sul piano politico e sociale, una Chiesa capace di essere voce critica del potere e di ogni forma di ingiustizia.

3. La Parola

  • Occorre dare nuova centralità alla Parola attraverso gruppi biblici, luoghi di confronto con la Scrittura, esperienze di lectio divina finalizzate a formare adulti testimoni e coscienze critiche.

4. Giovani e famiglie giovani

  • Testimoniare una Chiesa che dia spazio ai giovani, schierandosi accanto a loro per costruire il loro futuro. Favorire la nascita di gruppi nelle parrocchie e nelle vicarie con un nucleo di educatori/animatori preparati.
  • Attenzione alle famiglie giovani, nei passaggi significativi della loro vita e anche con una migliore continuità di relazioni con esse.

5. Rinnovata ministerialità nella Chiesa

  • Superare la figura di Chiesa incentrata sul prete; coinvolgere maggiormente le comunità nelle scelte e decisioni pastorali e nello sforzo creativo di figure ministeriali al loro interno.
  • Rivedere la formazione seminaristica, superando l’idea del ministro come separato dalla comunità, e anche provando ad andare oltre l’attuale modello celibatario.
  • Quasi corale la proposta di una reale parità uomo-donna. L’esclusione della donna dai ministeri e anche dal diaconato e dal presbiterato appare anacronistica per la coscienza della gente di oggi. In una rinnovata ministerialità delle forme e nei servizi ecclesiali si potrà fare spazio e valorizzare l’originalità dell’apporto delle donne.

    Un orizzonte di cammino

    Ci viene offerto da Papa Francesco con la sua antropologia: l’uomo come poliedro e come spirale.

    L’immagine del poliedro, al n. 236 dell’Evangelii Gaudium, è una prima efficace espressione del mistero della persona umana: “Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità. Sia l’azione pastorale che l’azione politica cercano di raccogliere in tale poliedro il meglio di ciascuno”. È evidente la portata socio-culturale ed ecclesiale dell’immagine del poliedro: tutte le facce sono importanti; tutti devono offrire il loro apporto.

    Nella Fratelli tutti troviamo la seconda immagine: la spirale della fraternità. “La vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza… Non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a se stessi e di vivere come isole” (F.T. 87). La vita è relazione. Entrare nella logica della spirale della fraternità significa imparare a lavorare insieme, mettendo la propria diversità a servizio del progetto comune, del bene comune. Questo rende prezioso e in qualche modo insostituibile ogni apporto.

    La “Chiesa in uscita” raccomandata tante volte da Papa Francesco è ancora in gran parte da inventare e da attuare.

    Per questo ha senso anzi è necessario continuare il Cammino Sinodale.