La mancanza di celebrazioni liturgiche acuisce il desiderio. Don Paolo Tomatis, responsabile regionale per la pastorale liturgica, interviene sull’importanza e sul significato che hanno per i cristiani i sacramenti e in particolare la celebrazione eucaristica.
Prove di ripresa per celebrare «in pienezza»
Con la dovuta circospezione, ci prepariamo a riprendere la vita liturgica delle nostre comunità. Ne stanno discutendo, settimana dopo settimana, i responsabili della Conferenza episcopale italiana insieme con i referenti del Governo. Sarà sicuramente una partenza lenta, graduale (funerali sì, messa domenicale ancora no?) e con tutta probabilità in Piemonte si dovrà ancora aspettare un po’ per poter celebrare l’Eucaristia nelle nostre chiese. Al fastidio interiore che proviamo al pensiero di essere impediti a far una cosa che per noi è tanto importante, risponde il pensiero tanto semplice quanto serio di chi si guarda intorno e vede che tanti altri ambiti importanti della vita – pensiamo al lavoro che fa vivere le famiglie – hanno dovuto fermarsi e aspettare che la curva del contagio calasse, per ripartire poco a poco.
Nel frattempo facciamo crescere il desiderio di celebrare l’Eucaristia. Non solo per avere più desiderio, man mano che il tempo passa, ma per maturare un desiderio più profondo e più ampio nei confronti dell’Eucaristia.
Di fronte all’emergenza abbiamo reagito con soluzioni di emergenza, e alla migliore soluzione possibile (la messa in streaming, la comunione spirituale, la preghiera familiare) manca sempre qualcosa. Certamente di fronte all’emergenza è venuta fuori la qualità del nostro desiderio: chi ha «gridato» la mancanza del corpo di Cristo, inteso come l’ostia consacrata da ricevere, chi ha avvertito la mancanza del corpo di Cristo ecclesiale che è manifestato dalla comunità; chi ha lanciato l’idea di tante messe contingentate, perché tutti possano parteciparvi osservando le regole, chi immagina di poter celebrare all’aperto, tornando a radunare l’unica assemblea.
Pensando a come desiderare l’Eucaristia, siamo invitati a desiderarla «tutta» e in pienezza. L’Eucaristia, ad esempio, inizia con la processione e il canto di ingresso: desiderare l’Eucaristia significa desiderare il raduno dell’assemblea nel nome del Signore, perché dove due o tre sono presenti nel suo nome, Lui è presente, in mezzo a loro. Per capirci meglio, Gesù non arriva alla consacrazione, si fa presente risorto sin dai riti di inizio. Come potremo allora continuare ad arrivare «al pelo», o addirittura in ritardo all’appuntamento? Come potremo passare sistematicamente di chiesa in chiesa, senza alcuna coscienza del fatto che noi andando a messa andiamo a costituire il corpo di
Cristo che è la Chiesa?
La celebrazione continua con la liturgia della Parola ed è giusto chiederci che
differenza ci sia tra la Parola ascoltata in Tv o letta personalmente e la Parola proclamata, venerata, celebrata nella messa. Ancora una volta la differenza è quella che rinvia ad un gesto più grande che si compie nell’azione liturgica: la Parola custodita nelle Scritture prende voce nel corpo della Chiesa, Dio parla al suo popolo radunato e il popolo risponde nella lode e nella supplica universale.
Anche la Parola, come ci ha ricordato Benedetto XVI in Verbum Domini, ha una dimensione sacramentale.
Finalmente la liturgia eucaristica ci propone una serie di gesti che sarebbe da stolti ridurre alla consacrazione e alla comunione. Si condividono i beni portando i doni all’altare, a ricordarci insieme che non c’è comunione con Dio che non passi attraverso la comunione fraterna.
Si rende grazie, si invoca lo Spirito sui doni, si innalza l’offerta pasquale del Figlio.
Si prega insieme la preghiera di Gesù, si condivide il dono della pace, si spezza il pane e si offre il calice. Quando tutto questo sarà nuovamente possibile, allora ci accorgeremo di non fare tutto e di non fare tutto bene, con la dovuta importanza. Quello che possiamo fare ora è prepararci, facendo crescere il desiderio di celebrare in pienezza l’Eucaristia, per non ridurci a desiderarne una
parte soltanto.
don Paolo TOMATIS (responsabile regionale pastorale Liturgica)