Il beato Timoteo Giaccardo celebrato ad Alba e Narzole

In occasione dei cento anni dall’ordinazione del beato Timoteo Giaccardo, Narzole, suo paese natale lo ha ricordato con una serie di celebrazioni culminate nella Domenica della Parola il 20 ottobre. Nel tempio San Paolo in Alba, il postulatore generale della Società San Paolo, don Domenico Soliman, sabato 19 ottobre, ha celebrato l’Eucaristia e ha tracciato un profilo spirituale del beato Timoteo Giaccardo, primo sacerdote paolino, nell’omelia che diamo di seguito:

Cento anni fa il beato Timoteo Giaccardo veniva ordinato sacerdote ad Alba. trenta anni fa papa Giovanni Paolo II lo beatificava in piazza San Pietro. Un apostolo secondo il cuore di san Paolo, un ragazzo che ha capito che il Signore lo chiamava per essere missionario con la “Buona stampa”, cosicché nel 1917 segue don Giacomo Alberione abbracciando la vita paolina. Ma qual è il segreto di questo nostro fratello così amato in questa terra, così fortemente presente nei cuori della gente di Narzole, così conosciuto dall’intera Famiglia paolina sparsa nel mondo? È il Vangelo di Giovanni, quello che abbiamo appena ascoltato, a svelarci il centro vitale di don Timoteo Giaccardo.

“Non vi chiamo più servi, ma amici”. Quanto sono forti queste parole di Gesù. L’amico qui è colui che condivide ciò che c’è di più vero, di segreto, di profondo, di bello. E Gesù condivide con i discepoli ciò che ha udito dal Padre. Di questa amicizia abbiamo bisogno tutti noi, per sapere che la nostra vita è cara a qualcuno, per cui proprio con lui posso condividere me stesso, il bene… È il grado di amicizia, così intesa da Gesù, che fa la differenza: se c’è questa esperienza, per l’amico metto in gioco tutto me stesso. Ecco l’esperienza del giovane Timoteo che ha conosciuto don Giacomo Alberione ed è rimasto coinvolto da ciò che gli ha condiviso circa un nuovo progetto, un modo nuovo di essere apostolo: con la buona stampa. Così leggiamo nel Diario di don Timoteo, il 10 marzo 1917: “La grazia è avvenuta, la vocazione conosciuta, determinata, scelta, manca solo più l’esecuzione che è nelle mani di Dio: il mio cuore è in pace… Direttore spirituale e canonico Chiesa hanno giudicato che io sono chiamato da Dio in questo apostolato nell’opera iniziata dal teologo Alberione. Dunque la volontà di Dio è chiara: io non cerco più altro, io non mi volgo più ad altro: questa è la volontà di Dio: ed io ad essa indirizzo tutta la mia vita, la mia formazione; questa è la volontà di Dio su di me”.

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Queste parole trovano forza nella Pasqua di Gesù, dove il dono della vita è totale, dove l’amore è così concreto da sembrare impossibile… Dare la vita è la testimonianza della prima comunità cristiana, diventa l’apice della vita nuova descritta da san Paolo. La vita è nuova quando si vive non per sé ma per chi mi è di fronte, quando mi sento coinvolto dal volto del prossimo e per lui vivo, condivido, amo, gioisco, soffro… Ecco che cosa ha vissuto il beato Timoteo: la sua vita è donata per l’annuncio del Vangelo, per la crescita della Famiglia paolina e in particolare per l’approvazione delle Pie discepole del divin Maestro. Lo troviamo a Roma nel 1926, nel 1937 ad Alba, nel 1946 ancora a Roma come vicario generale, nel 1948 muore donando la vita… E tutto questo nella comunione: con don Giacomo Alberione, con la Chiesa, con il Papa. Anche il suo amore per la liturgia esprimeva la sua comunione con il divin Maestro, fino a donare la vita come lui. Il suo Diario è una vera testimonianza di come ha speso la vita, trascrivendo molte delle riflessioni e pensieri di don Alberione, insieme ad alcuni fatti della prima comunità. Interessanti sono queste parole del beato Giacomo Alberione riportate nel Diario di Timoteo: “Noi parliamo spesso della necessità di promuovere la Buona stampa: ora molti lavorano per la stampa: essi vi consacrano una parte del loro tempo e delle loro energie: chi per l’onore, chi per il guadagno, chi per il gusto. Noi non vogliamo lavorare né per il gusto, né per l’onore, né per il guadagno, né vogliamo la stampa per sé stessa, ma cerchiamo Dio col mezzo della Buona stampa. E vi sono tra voi giovani i quali hanno deciso, non per folle sentimento, ma con piena conoscenza di causa, di consacrarsi interamente a Dio e alla Buona stampa, e di dedicarvi tutto il loro tempo, il loro impegno, le loro forze, la loro salute; e stasera, davanti a tutti, faranno nelle mie mani i loro voti che mi han chiesto di fare ed a cui io li ho ammessi” (8 dicembre 1917). Per lui scrivere, era infatti anche giornalista, così come predicare esprimeva il suo essere uomo di comunione.

“Vi ho costituiti perché portiate frutto”. Dovremo qui parlare del suo cammino verso la canonizzazione. Ci sono diverse testimonianze e grazie. La santità è dono di Dio; il “frutto” di cui parla il Vangelo è legato non a doti straordinarie del beato Timoteo, ma al suo essere uomo che viveva in comunione con il Cristo, per cui oggi è intercessore di grazie, di doni che noi chiamiamo miracoli… Il suo cammino verso la santità manifesta questa relazione con il Maestro ovvero ciò che papa Francesco chiama la “cultura dell’incontro”, con Dio prima di tutto.

Le parole di san Paolo al discepolo Timoteo, nella Prima lettura, ci invitano a custodire il bene prezioso che ci è stato affidato. Pensiamo al dono della vocazione, al carisma di annunciare il Vangelo con i moderni linguaggi. Custodiamo mediante lo Spirito che abita in noi, il centro vitale del beato Timoteo: un uomo di Dio, di comunione, un apostolo come san Paolo. Questa è l’eredità che lascia a noi tutti.

  don Domenico Soliman