L’occasione è suggerita dalla memoria liturgica di san Francesco di Sales, compatrono del seminario, santo della carità e grande esempio di sacerdote amorevole ed evangelizzatore.
Fulcro della giornata la relazione tenuta da don Edoardo Olivero, rettore del seminario interdiocesano di Fossano
Diocesi di Alba
Giornata del Seminario
26-01-2017
Tratti riguardanti la formazione dei futuri presbiteri nei seminari d’ Italia
Prima di inoltrarci a parlare del nostro Seminario di Fossano, dove risiedono i 7 seminaristi delle cinque Diocesi della Provincia di Cuneo, ho pensato di rendervi noto quello che i Rettori dei Seminari maggiori di quasi tutta Italia hanno messo in evidenza: in merito al contesto di provenienza dei seminaristi e ai nodi salienti del cammino di formazione che ne conseguono.
Condizioni di chi entra in seminario:
– contesto: i seminaristi riproducono tale e quale la complessità del mondo giovanile, è importante quindi lavorare sulla loro umanità per aiutarli ad elaborare i nodi non risolti che poi agiranno inconsapevolmente nello svolgimento del loro ministero
– età adulta: più maturi e disponibili in alcune dimensioni, ma anche a volte feriti dalla vita, non riconciliati con il loro passato, e più rigidi rispetto alla proposta formativa.
Vocazioni adulte, non significa più mature, equilibrate ma, in alcuni casi, che non essendo riuscite a trovare un loro posto nella vita provano questa strada.
Le condizioni di chi chiede di entrare in seminario come influiscono sulla formazione al ministero?:
– sono pochi i seminaristi che giungono da un normale percorso di fede vissuto in parrocchia
– alcuni hanno una spiritualità marcata ed una sensibilità liturgica nostalgica del passato. Succede che alcuni entrino in seminario con un loro modello di sacerdote e cerchino solo informazioni su come si fa il prete, senza una disponibilità a lasciarsi trasformare ed educare dentro (vedi Diocesi di Bergamo che nel 2016 non ha ordinato nessuno dei 5 seminaristi che avevano terminato il percorso di formazione, perché giudicati non maturi)
– ripiegamento intra-ecclesiali come rifugio che evita di superare la complessità sociale
– sovente entrano in seminario dei preti già fatti autonomamente, cioè seminaristi già impostati con un’idea di prete o di chiesa da integrare, ampliare, correggere, sostituire con quella emersa dal Concilio Vaticano II.
– L’anno di propedeutica (che per noi della Regione Piemonte si svolge a Pianezza) offre un buon aiuto a discernere casi umani non adatti a diventare preti, in quanto non presentano le minime qualità umane di relazione ed equilibrio che questo ministero richiede. Ancor prima di queste qualità umane, che in alcuni casi si possono coltivare anche la dove sono carenti, ciò che diventa veramente discriminante per accogliere o rifiutare un giovane che chiede di diventare prete è la capacità e volontà di mettersi in discussione, accettando umilmente di intraprendere un cammino formativo.
Sfide formative:
– si fatica a conquistare la fiducia dei seminaristi, c’è diffidenza nei confronti dei formatori e il nostro compito è instaurare relazioni serene, aperte e confidenziali, non solo a livello personale ma anche comunitario in modo che tutti si possano sentire accolti e liberi di esprimersi
– se fino a poco tempo fa si entrava in seminario in giovanissima età e si veniva formati dall’ Istituzione del Seminario in quanto tale, nei suoi tempi e ritmi, oggi sono richiesti cammini sempre più personalizzati, che aiutino le persone a superare dinamiche adolescenziali, e questo chiede molto tempo e pazienza.
– Le sfide della pastorale inquietano i candidati al presbiterato. Spaventati da una società così disomogenea cercano rassicurazione irrigidendosi su alcuni aspetti della vita ecclesiale e presbiterale: vedi il riesumare atteggiamenti, espressioni apologetiche, e modalità pre Vaticano II. (Oltretutto vedendo la scarsità numerica di preti, e la loro età avanzata, i nostri seminaristi sono un po’ preoccupati vedendosi proiettati nel ministero, in quanto davanti a loro vedono pochissimi preti giovani e dietro di loro non c’è nessun altro seminarista, oltretutto il lavoro pastorale, così come è strutturata l’ organizzazione ecclesiale oggi, è tanto e al momento non si intravede ancora una modalità di essere e fare il prete coerente con la situazione ecclesiale e sociale di oggi).
– rischio dell’effetto ombrello: che gli anni di seminario (scuola, studio, direzione spirituale, vita comunitaria, esperienza pastorale) non scalfiscano, non mettano in discussione la persona che rimane chiusa. Si esce dal seminario quasi come si era entrati
– entrare in seminario in età adulta, con una propria visione della chiesa, del prete e della spiritualità rende alcune volte meno disponibili, soprattutto nei primi anni di seminario, a mettersi in discussione
– per questo è importante lavorare sull’aspetto umano relazionale. (Forse servono comunità di seminario piccole dove si è costretti a incontrarsi e scontrarsi attraverso una vita comunitaria più intensa che comprenda, non solo il mangiare il pregare e il riflettere insieme, ma anche, sarebbe importante ed efficace, prepararsi quotidianamente un pasto insieme)
Il nostro seminario di Fossano
La tabella sopra riportata evidenzia il numero e la provenienza dei nostri seminaristi.
Provengono tutti e sette, tranne uno, da cammini parrocchiali.
I “corpi formativi” del nostro seminario sono dati da:
– scuola: abbiamo un buon collegio docenti formato da preti delle cinque diocesi, 4 donne tra cui una Suora e un uomo sposato con famiglia
– studio: che non sia solo un lavoro di memorizzazione per restituire al professore le nozioni che si sono imparate, ma un lavoro (alcune volte faticoso perché fa mettere il seminarista in discussione) attraverso il quale si possa giungere od una conoscenza sempre più profonda di Gesù, se stessi, la Chiesa, la spiritualità, il mondo:
– esperienza spirituale attraverso la preghiera liturgica delle Ore, la Santa Messa, il sacramento della Penitenza, l’adorazione Eucaristica, la meditazione della Parola, affinché imparino, attraverso le vie cristianamente indispensabili e necessarie, ad incontrare il Signore
– esperienza pastorale: in parrocchia che non sia incentrata tanto sul fare delle attività, quanto lo stare con il parroco, che è un formatore del seminario a tutti gli effetti, rendendosi conto della realtà. I nostri seminaristi sono dediti alla pastorale, anzi alcune volte fin troppo, ma lo scopo del servizio pastorale non è quello di affinare delle tecniche di animazione, bensì del respirare e rendersi conto di cosa vuol dire comunità parrocchiale e ministero presbiterale.
in diocesi: con il prete referente diocesano si inseriscono nel cammino diocesano attraverso il servizio mensile alla Caritas, l’andare a trovare i preti anziani, campi scuola estivi ecc…
– relazione con gli altri seminaristi con i quali si condivide la medesima esperienza. La nostra comunità è piccola, ma questo non impedisce il confronto e favorisce una formazione personalizzata e meno cameratesca come può avvenire in altre istituzioni numericamente più elevate
– fare sintesi questa componente del cammino di formazione non esiste in seminario come luogo fisico, ovviamente, ma è lo scopo a cui tende tutta la formazione, aiutando il seminarista a non tenere separati i vari aspetti sopra descritti, nemmeno a fonderli tra loro, ma facendo in modo che in qualunque ambito della vita essi si trovano, tutti gli aspetti interagiscono tra loro
Pastorale vocazionale
La P.V. è nata ai tempi di Gesù, quando passava lungo il mare di Galilea e chiamava i primi discepoli.
Nella storia della Chiesa, in termini più espliciti, la P.V. è nata solo recentemente in tempo di crisi quando è iniziata la rilevante contrazione numerica della vocazione presbiterale.
È importante il riferimento all’azione vocazionale di Gesù. Ogni cammino di P.V. è autentico se si rifà a quello stile e non a una P.V. della paura, alla cosiddetta “angoscia vocazionale presbiterale”, per reazione al timore della nostra sopravvivenza.
Prossimo Sinodo nel 2018 l’argomento sarà: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”; che va inteso come un invito alla comunità ecclesiale di accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale.