Omelia del cardinale Gambetti nella Messa della solennità di San Lorenzo

La lettera con cui il vescovo di Alba, Marco Brunetti invita clero e laici di tutta la diocesi alla celebrazione eucaristica in cattedrale, presieduta dal cardinale Gambetti, arciprete della basilica di San Pietro in Roma.

Carissimi confratelli Sacerdoti e Diaconi,

come già annunciato nella bella giornata vissuta insieme nella Casa diocesana a Sampeyre vogliamo trovarci ora nella ricorrenza della solennità di san Lorenzo, patrono della Città e della Diocesi albese.

Il suo martirio è una suprema prova di amore. San Leone Magno, in una omelia, commenta così il supplizio di san Lorenzo: «Le fiamme non poterono vincere la carità di Cristo; e il fuoco che lo bruciava fuori fu più debole di quello che gli ardeva dentro». E aggiunge: «Il Signore ha voluto esaltare a tal punto il suo nome glorioso in tutto il mondo che dall’Oriente all’Occidente, nel fulgore vivissimo della luce irradiata dai più grandi diaconi, la stessa gloria che è venuta a Gerusalemme da Stefano è toccata anche a Roma per merito di Lorenzo».

Pertanto in questo Anno Santo è preziosa la vostra presenza per le Celebrazioni Laurenziane, siete invitati domenica 10 agosto, alle ore 18.00 in Cattedrale per la S. Messa giubilare, presieduta da S. Em. Rev. Cardinal Mauro Gambetti Arciprete della basilica papale di San Pietro in Vaticano, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, dove saranno anche presenti le Autorità civili e militari e i rappresentanti delle Associazioni.

Pertanto sarebbe opportuno sospendere le Sante Messe del pomeriggio del giorno 10 per far sì che ogni Vicaria oltre a voi Sacerdoti e Diaconi, fosse rappresentata dai Sindaci e da un gruppo di fedeli per esprimere in questa celebrazione giubilare una vera comunione diocesana attorno al nostro Santo Patrono.

Nello stesso giorno alle 17.00 i Canonici del Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo pregheranno il Vespro a cui potete unirvi.

Fiducioso della vostra partecipazione, vi benedico.

Alba, 22 luglio 2025, festa Santa Maria Maddalena

Marco Brunetti, Vescovo di Alba

Santa Messa Solennità di San Lorenzo patrono della Diocesi di Alba

OMELIA DEL CARD. MAURO GAMBETTI

ALBA 10 AGOSTO 2025 – CATTEDRALE DI SAN LORENZO

 

Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Nel Vangelo di Giovanni per Gesù è giunta l’ora di essere glorificato e paragona sé stesso al chicco di grano caduto in terra per rispondere indirettamente ad alcuni Greci che a Gerusalemme, in prossimità della Pasqua, avevano chiesto ai suoi apostoli: “Vogliamo vedere Gesù“.

È straordinaria questa parola e di una portata di rivelazione immensa. Proviamo a fermarci un po’. Innanzitutto Gesù si assimila al dinamismo evolutivo che è impresso nella creazione. Le stelle, i pianeti, la vita si sono formati grazie alla morte di grandi ammassi di materia cosmica, esplosi in supernove.

La pioggia che muore nel terreno fa crescere l’erba, le piante e disseta ogni essere vivente. Gli angeli caduti sono terreno fertile per altre piante, funghi, insetti. Il bruco diventa farfalla attraverso un processo di autodistruzione e di morte. Gesù entra in questo dinamismo.

In secondo luogo, questi greci, magari similmente a immagini che avevano percorso le strade dell’Oriente per arrivare a Betlemme ed adorare il re dei Giudei. Ecco, costoro rappresentano le genti di tutti i luoghi e di tutti i tempi, il cui desiderio è vedere Gesù. Che in aramaico è Yeshu’a (יֵשׁוּעַ), in ebraico Yehoshu’a (יְהוֹשֻׁעַ)  vuol dire il Dio che salva.

Tra queste genti non ci siamo forse anche noi oggi? Credenti e non credenti non vogliono forse vedere i segni della salvezza, di una qualche salvezza in questo mondo drammaticamente impazzito?

Gesù mostrerà la salvezza di Dio nella potenza di una vita non soggetta alla morte, come quella del chicco che marcisce e risorge. Vuoi vedere nel disorientamento e nella “babilonia” di oggi la salvezza? Non rivolgerti alla tecnologia, agli armamenti, alla finanza… Cerca piuttosto i segni di ciò che vive oltre la morte, di ciò che il non senso, la guerra, le catastrofi naturali, la fame, non possono distruggere.

Trovare la salvezza vuol poi dire appartenerle. San Lorenzo è esemplare in questo, e non solo. Aveva “visto” la salvezza manifestata nella morte e risurrezione di Cristo e qui aveva cercato le cose di lassù. Dotato di grandi doti, delicatezza d’animo, ingegno, fu nominato dall’amico Papa Sisto II capo dei diaconi della Chiesa di Roma e si occupò di organizzare il ministero della Carità per i poveri e il primo welfare qua in Italia organizzato.

Distribuì beni materiali, per far fiorire beni spirituali, dignità, amicizia, felicità. In mezzo alla miseria vedeva i tesori preziosi dell’umanità dei conti. Beni che non sono soggetti a corruzione, che vivono oltre la morte.

E occorre domandarsi se anche noi, come Lorenzo, abbiamo visto la salvezza. Ad esempio, abbiamo accolto pienamente il perdono di Dio fino in fondo, nelle aree più segrete e nascoste? Se siamo tra i cosiddetti praticanti, siamo diventati più umani secondo l’insegnamento evangelico? Ancora, ci è accaduto di attraversare il dolore con coraggio, insieme al Signore, e vedere poi fiorire dentro di noi una nuova vita, una novità di vita? La paura della morte, che tradotto così, in maniera semplice, sono anche le offese, la paura delle ingiustizie, dell’odio, delle convenienze… è vinta dall’amore?  Avete ancora paura? Siamo abbastanza liberi per cercare sopra ogni cosa il regno di Dio, la sua giustizia? Aver visto la salvezza vuol dire appartenere a quella salvezza e aver fatto esperienza di questo.

Sappiamo che Lorenzo incarnò la pagina del libro del Siracide che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Ti loderò, Dio mio Salvatore, perché sei stato mio riparo, mio aiuto e mi hai liberato dal soffocamento di una fiamma avvolgente e dal fuoco che non avevo acceso“. Lorenzo cadde in terra come il chicco che muore e portò molto frutto: Roma lo elesse suo terzo patrono; la sua festa fu celebrata fin dal IV secolo come seconda per importanza dopo quella degli apostoli Pietro e Paolo. Nella città eterna gli sono dedicate trentaquattro tra chiese e cappelle, ed è patrono qui. Sta scritto infatti, come ricordava San Paolo: “Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno“.

In questa vostra terra, che un po’ conosco, a cui mi sto anche un po’ affezionando, ho cominciato dalle Langhe, per scendere poi a Alba e spero ancora di visitare questa terra un po’.

In questa vostra terra non mancano esempi di diaconia, di certo in ambito strettamente ecclesiale, ma anche nel campo dell’imprenditoria agricola, industriale, creditizia, so che esistono realtà improntate al servizio, in una prospettiva di crescita delle persone, delle famiglie, della comunità. Forse alcuni di voi dotati, come Lorenzo, di grandi doti, delicatezza d’animo e ingegno, se non lo sono già, potrebbero essere annoverati tra i diaconi, insieme a quanti sono qui presenti per questa celebrazione. Comunque, perché non abbracciare tutti, fino in fondo, la missione che fu di Lorenzo: organizzare la speranza, organizzare la carità!

Come ci hanno ricordato, rispettivamente Papa Francesco e Papa Benedetto, “non possiamo limitarci a sperare, dobbiamo organizzare la speranza”. E “l’amore organizzato è necessario affinché l’impegno comunitario sia efficace”. Tutto ciò è possibile solo se, sotto la guida del vostro vescovo Marco, e in accordo con le autorità civili, si sviluppa una maturità umana e di fede simile a quella di Lorenzo e ancor più di Maria.

Vi lascio due suggestioni. Una è la misura, una misura della maturità umana, l’altra sono le coordinate della maturità di fede.

Una misura della maturità umana, aver compreso che l’esistenza è fugace e il tempo – sia esso della durata di un minuto o di cent’anni – è un momento di eternità, di valore inestimabile; aver compreso ora che non voler morire significa restare soli, mentre morire vuol dire moltiplicare la vita; a compreso che la vita non dipende dai beni, ma dall’amore. Aver compreso che: “prendere riempie le mani, dice un’autrice, dare riempie il cuore”. (Margarete Seemann)

Aver compreso questo vuol dire essere dentro la maturità. Le coordinate della maturità di fede le ha tracciate Gesù nel Vangelo di oggi: “Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”. Sentite? Gesù sta sussurrando.

Io sono nell’amore del Padre, anche voi lo sarete. Io sono il testimone del suo amore in questo mondo, anche voi lo sarete. Io risplendo della gloria dell’amore del Padre, anche voi risplenderete dello stesso amore. Per questo amore, per la rivelazione di questo amore, perché questo amore porti vita a tutti sono venuto al mondo. Così e di Maria, mia madre, così di Lorenzo, mio servitore, e così sarà di voi nel mondo d’oggi, se state con me”. (Elia Citterio)