Il diacono Bernardo Milanesio, incaricato diocesano per la promozione del sostegno economico alla Ciesa, illustra con dei video la campagna sull’Otto per mille (cliccare qui) e un’iniziativa in diocesi grazie ai fondi del Sovvenire destinati dai fedeli alla Chiesa cattolica (video visibile con questo collegamento).
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Brambilla agli operatori del Sovvenire: le regole nell’uso del denaro
«Oggi è difficile trovare persone che siano sensibili al tema del sostegno economico della Chiesa. Forse la linea più feconda è quella di suscitare passioni in coloro che sono stati delegati o sono interessati al tema. La motivazione delle persone è la cosa più difficile, ma anche la più necessaria per non risolvere il Sovvenire in una mera questione economica». Passioni e motivazioni. Sono due delle parole chiave che ha usato il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla, nella lectio che ha concluso le giornate di formazione e spiritualità per operatori di Sovvenire, che si sono tenute al Centro Maria Candida di Armeno, dal 17 al 20 marzo, con la messa di chiusura celebrata al monastero Mater Ecclesiae dell’Isola di San Giulio sul Lago d’Orta.
«All’inizio – ha detto il vescovo -, il tema di questo intervento era stato formulato in modo provocatorio così: il denaro (i beni) è sterco del demonio o cibo degli angeli? Mi spiace deludere i presenti: né l’uno, né l’altro». Perché, ha spiegato Brambilla, «queste formulazioni provengono dalla “patologia” nella gestione dei beni e nell’uso del denaro da parte della Chiesa e nella Chiesa: il denaro e i beni sono demonizzati o spiritualizzati, in ogni caso usati col principio del fine (buono) che giustifica l’uso di mezzi e metodi discutibili (talvolta perversi). Invece, la “fisiologia” dell’uso dei beni dice che essi sono strumenti e risorse nella mano dell’uomo e in carico alla coscienza delle persone, e possono essere usati bene o male. Ma con un’avvertenza: l’uso distorto del denaro e dei beni non è solo un peccato (talvolta anche reato), ma alla fine ci rende schiavi di essi. Non ci fa commettere solo errori di gestione, ma ci corrode come la ruggine di evangelica memoria, che distorce il senso dell’annuncio cristiano e svuota persino il gesto generoso della carità».
Brambilla ha poi parlato dei cinque passi pratici da percorrere «perché la testimonianza evangelica sia trasparente, coraggiosa e disinteressata»: dalla separazione dei beni della parrocchia da quelli dei parroci, alla stesura del rendiconto amministrativo annuale; dalla selezione oculata delle priorità per le spese, sino all’attenzione ai conflitti d’interesse all’interno degli organismi economici. Ed infine, «proprio per quanto riguarda il Sovvenire, bisogna attivare in ogni comunità parrocchiale ed ente ecclesiastico una campagna promozionale di sensibilizzazione per la firma dell’8xmille e le offerte liberali».
L’appuntamento era la seconda di tre tappe organizzate dal servizio per la promozione al sostegno economico della Chiesa cattolica della Cei (una per il Centro, Nord e Sud Italia), dopo quella che si è tenuta a febbraio ad Assisi, era presente don Enrico Garbuio, dell’Ufficio nazionale del Sovvenire.
A predicare gli esercizi spirituali, anche ad Armeno così come nelle altre tappe, il gesuita Franco Annicchiarico. «Karl Rahner – ha detto Annicchiarico presentando il filo che ha unito le sue meditazioni – diceva che il cristiano del III millennio o sarà un mistico o non sarà affatto. Credo che queste giornate di spiritualità siano un’occasione proprio per coltivare questa dimensione, anche da parte di operatori pastorali che vivono un impegno concreto. Soprattutto in un contesto culturale come quello di oggi dove è più importante ciò che si mostra rispetto a ciò che si è. L’impegno concreto e la fede che lo muove non possono correre separati. Coltivare la spiritualità non è richiudersi in sé stessi. È aprirsi a Dio, che è amore e relazione, e quindi aprirsi agli altri». E sull’attualità del Giubileo della speranza invita ad essere testimoni. “Se desideriamo che il mondo ascolti il nostro messaggio, dobbiamo viverlo prima di tutto nelle nostre comunità. Se la Chiesa e i cristiani praticano una reale condivisione dei beni, allora diventano credibili nel chiedere ai governanti di fare altrettanto. Ci sono già realtà che incarnano questo spirito: comunità di famiglie che scelgono di condividere i beni, come Villa Pizzone a Milano, la comunità di Balicanti a Canelli o la comunità Maranatà a Bologna. In questi contesti, anche gli stipendi vengono messi in comune e ogni famiglia attinge in base alle proprie necessità. Non è un modello per tutti, ma un segno che vivere diversamente è possibile.
A.G.