Carissimi fedeli e amici della Vicaria di Cortemilia,
oggi vi siete fatti pellegrini, anzi pellegrini di speranza.
Siete venuti in pellegrinaggio qui presso la Cattedrale, la Chiesa madre, siete una porzione del popolo santo di Dio che vuole vivere quest’anno speciale, quest’anno santo, un anno segnato veramente dalla speranza che non delude, così come ha voluto definirlo Papa Francesco quando lo ha indetto.
Ci siamo ritrovati alla porta della Cattedrale, abbiamo pregato, siamo entrati come pellegrini. Noi sappiamo che la porta è Cristo stesso: “ Io sono la porta”.
Questo Anno Santo deve farci incontrare Gesù nella nostra vita. Questa è la cosa principale, fondamentale.
Entrando in Cattedrale, tutti insieme, abbiamo fatto la prima sosta al fonte battesimale, in quanto siamo battezzati.
Abbiamo professato la nostra fede, la fede in Dio, Padre e Creatore, in Gesù, Figlio e Redentore, nello Spirito Santo, datore e Signore di ogni bene e amore per tutti.
Poi, segnati con l’acqua benedetta che ci ha resi figli di Dio e ci ha perdonato da tutti i peccati, siamo giunti davanti alla Parola di Dio che abbiamo proclamato solennemente.
Sono le letture di questa domenica quelle che abbiamo ascoltato, perché la Parola deve nutrire la nostra vita cristiana.
La parola di Dio è la bussola che ci deve condurre nella nostra vita e noi, troviamo quella speranza che ci aiuta a guardare al futuro con occhi diversi. Dopo l’ascolto e la proclamazione della parola venereremo la croce, la Croce del Giubileo, perché in quella croce noi vediamo l’atto di amore più grande di Dio e soprattutto è nella Croce che Cristo ci ha salvati e ci ha redenti e liberati da tutti i peccati.
Vorrei soffermarmi sulla pericope del Vangelo che abbiamo ascoltato.
Abbiamo letto l’episodio delle nozze di Cana, questo racconto che il Vangelo di Giovanni mette proprio all’inizio, dopo il prologo, e segna anche in maniera un po’ anticipata l’avvio della vita pubblica del Signore Gesù, il quale passò sanando e beneficando tutti per le vie della Terra Santa e della Palestina.
Abbiamo presente la situazione. È una festa, una festa di nozze, ma viene il disagio. Maria, la madre di Gesù, nota una difficoltà.
È venuto a mancare il vino. Maria si fa interprete di quel disagio e lo dice al figlio: “non hanno vino”.
Ecco, anche noi qualche volta possiamo nella nostra vita, nella nostra esistenza, notare che ci mancano delle cose. Ci manca la felicità, ci manca la gioia, ci manca la salute, ci manca il lavoro, ci manca la casa, ci manca la serenità nei rapporti famigliari, ci mancano delle persone care perché le abbiamo perse, perché sono morte.
Quante perdite, quante mancanze, quanti disagi. Maria, che è la nostra madre, si fa carico di questo e le presenta al suo figlio Gesù. Da subito Gesù non accoglie l’invito di sua madre: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Quasi a dire che Gesù non deve ancora vivere e svolgere il suo ministero.
Ma Maria va oltre. È capace di insistere, come ogni buona madre non si arrende, e dice ai servi, l’abbiamo ascoltato, “fate quello che lui vi dirà”. A quel punto Gesù interviene e dice ai servitori “riempite d’acqua le anfore, ora prendetele e portatene a colui che dirige il banchetto”.
Ma cosa è successo? “Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto chiamò lo sposo e gli disse, tutti mettono in tavola il vino buono e quando si è già bevuto molto quello meno buono, tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Gesù ha cambiato quell’acqua in vino. Gesù è colui che può cambiare la nostra vita. Gesù è colui che può riempire le nostre mancanze. Vivere il Giubileo significa scoprire questo, che Gesù può bastare alla mia vita, può riempire la mia esistenza, non ho bisogno di altro, può dare gioia e sapore a tutto quello che vivo e che faccio.
Questa è la vera conversione. Cambiare l’acqua in vino significa cambiare la vita, significa cambiare l’essenza, la sostanza della nostra esistenza.
E io spero e credo, che il frutto di questo Giubileo sia proprio questo, una conversione dei cuori.
Questa conversione ci apre alla Speranza che la nostra vita potrà avere un senso.
Sapete, una figlia, potremmo chiamarla così, della speranza è la pazienza.
La pazienza sappiamo che non sempre l’abbiamo, soprattutto in questo tempo in cui siamo così frenetici e vogliamo tutto e subito.
La pazienza che il progetto di Dio si realizzi è un po’ come la pazienza che ha il contadino, che getta il seme, ma pazientemente attende che questo seme fiorisca e porti frutto.
Io vi invito a coltivare la pazienza, ma per alimentare la vostra speranza.
Sono convinto che il Signore cambierà la vostra vita, come ha cambiato l’acqua in vino e vi darà quella gioia eterna senza fine che tutti noi attendiamo.
Invochiamo Maria e tutti quanti i nostri santi patroni perché ci aiutino ad accogliere questa Grazia, questo dono grande che in questo anno noi possiamo vivere e realizzare.
Con l’aiuto di Dio continuiamo il nostro cammino e pellegrinaggio di speranza nella vita. Amen.